Migliaccio
Il migliaccio nella tradizione partenopea è il dolce di carnevale per antonomasia (alla stregua della pastiera a Pasqua).
Possiamo dire che sulle tavole campane non può mancare ma la bontà di questo dolce ha oltrepassato i confini territoriali, facendosi adottare un po’ da tutta l’Italia.
Di fatti quando arriva carnevale è un pullulare di foto e ricette relative a questo dolce dall’aspetto rustico, crepato in superfice, ma molto buono e delicato.
IL MIGLIACCIO
IL nome deriva dal latino miliacius detto della farina di miglio grezza un tempo usata per diverse preparazioni di dolci “poveri” e da miliaccium che indica un tradizionale pane fatto di miglio.
L’ingrediente principale è infatti la semola, oggi sostituita dal semolino, che gli conferisce una consistenza grumosa ma piacevole.
E’ un dolce (benchè esista anche una versione salata) della tradizione campana che si fa nel periodo di carnevale.
In particolare nel beneventano rappresenta il dolce principe del martedì grasso, è considerato nondimeno un omaggio alla primavera simboleggiando la vita che risorge dal tepore dell’inverno.
Il ripieno ha un gusto molto simile alla sfogliatella napoletana al punto da esserne considerato una variante povera.
Tuttavia si avvicina anche a quello della pastiera nella versione che prevede l’impiego della ricotta fra gli ingredienti, non esiste infatti una ricetta standard ma ogni famiglia ne tramanda la propria versione.
ORIGINE (VAMPIRESCA) DEL MIGLIACCIO NAPOLETANO
L’orgine del dolce pare sia medioevale, nel XVIII secolo infatti veniva fatta una torta di semolino e sangue del maiale di cui non si buttavia via niente.
Era inoltre credenza popolare che il sangue fosse un ingrediente completo in grado di ritemprare dalle fatiche dei campi e dei lavori più pesanti.
La Chiesa però era contraria a queste abitudini ritenute pagane e vampiresche e ne contrastò l’uso fino a quando, verso il settecento, cambiò la sua fattezza originaria.
Di fatti il sangue venne sostituito da zucchero, fartina e uova fino a diventare il dolce moderno che conosciamo oggi.
UNA RICETTA PER AMORE
Al di là di storie, orgini e credenze, il migliaccio per me è una ricetta d’amore ma non di quell’amore romantico a cui penserete voi.
Questo è quel tipo di amore eterno che non conosce defezioni di sorta perchè è l’amore di una figlia verso la madre.
Una sorta di ritorno dell’investimento genitoriale in premure, cure e attenzioni che quando cresciamo prende poi il percorso inverso.
La madri da piccole ci accudiscono, viziano e amano senza risparmiarsi, passando quell’amore anche attraverso la cucina.
Il Migliaccio infatti l’ho fatto per mia mamma, da autodidatta non avendo mai visto che lo faceva, non è infatti un dolce a cui la mia famiglia è legata.
Ricordo però che un giorno le disse “che buono il migliaccio, è tanto che non lo mangio!”.
Non so esattamente il motivo per il quale lei lo conoscesse così bene, posso azzardare forse per il semolino che ricorda gli gnocchi alla romana che da piccola mangiava spesso?
Non saprei dire ma so che nel vedere il desiderio nei suoi occhi, ho pensato di volerla fare felice cucinandolo appositamente per lei.
Un semplice gesto di amore di una figlia verso la madre.. che ha decretato la mia prima volta con il migliaccio.
SPUNTO E ISPIRAZIONE DELLA RICETTA
Questa è la settimana del carnevale alla quale il Calendario del cibo italiano dell’Aifb dedica un post ufficiale con questo articolo che vi consiglio di leggere se desiderate conoscere la tradizione e le ricette regionali che lo festeggiano.
Ho deciso di aderire all’iniziativa con questo dolce semplice da realizzare, delicatissimo e scioglievole in bocca che sono certa vi conquisterà.
Essendo attenta alla territorialità dei cibi, la ricetta a cui mi sono ispirata l’ho presa da una napoletana doc, se volete provarlo leggete di seguito come preparare questo squisito dessert..
75 minuti | |
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Ingredienti:
- 500 ml di latte intero
- 300 g di ricotta fresca (meglio se di pecora)
- 230 g di zucchero
- 50 g di semolino
- 50 g di burro
- 3 uova
- un pizzico di sale
- buccia grattugiata di un limone bio
- buccia grattugiata di un’arancia non trattata
- 1 cucchiaio colmo di di fior d’arancio
- 1 baccello di vaniglia Bourbon (solo i semini)
Preparazione:
Mettete il latte a bollire sul fuoco con il burro ed un pizzico di sale.
Quando arriva a bollore versatevi a pioggia il semolino e fate cuocere fino a quando non avrà assorbito tutto il latte.
Abbiate cura di mescolare sempre con una frusta fintanto che cuoce dopodiché spegnete la fiamma e lasciatelo raffreddare.
Sgusciate le uova e separate gli albumi dai tuorli.
Montate questi ultimi con lo zucchero fino ad ottenere un composto chiaro e spumoso quindi aggiungete la ricotta setacciata, lo zeste degli agrumi (limone ed arancia), la polpa di vaniglia che avrete estratto dall’interno del baccello e l’aroma di fior d’arancio e mescolate.
Aggiungete poi la crema di semolino ormai fredda e amalgamate bene.
A parte, montate le chiare a neve ferma in un contenitore pulito e asciutto quindi incorporatele al composto con movimenti delicati dal basso verso l’alto per non farli smontare.
Imburrate ed infarinate (o ricoprite con carta forno) uno stampo da 24 cm.
Versate l’impasto nello stampo ed infornate a forno preriscaldato a 180° per circa 60 minuti.
Quando sarà cotto spegnete il forno e lasciatelo dentro con lo sportello semi aperto.
Una volta raffreddato trasferitelo in frigo.
Infatti,, per consentire ai sapori di stabilizzarsi fra di loro è consigliato farlo riposare almeno 24 ore prima di consumarlo.
Spolverizzate le fette di torta con abbondante zucchero a velo prima di servire.
FOTO ORIGINALE DELLA RICETTA
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